La posta elettronica può essere controllata solo se c’è un sospetto fondato

Nullo il licenziamento se basato su accesso illecito all’email del dipendente.
Con sentenza pubblicata il 14 febbraio 2024, il Tribunale del Lavoro di Roma ha dichiarato nullo il licenziamento per giusta causa irrogato da una compagnia aerea a un dirigente, avendo la società utilizzato informazioni ottenute attraverso un «illecito accesso alla corrispondenza» del manager e, quindi, in violazione dell’articolo 4 dello statuto dei lavoratori e della normativa europea e nazionale sulla privacy.

I fatti
Qualche giorno prima dell’inizio del procedimento disciplinare la società aveva inviato una lettera al dirigente con cui lo aveva sospeso in via cautelare «al fine di verificare alcune informazioni recentemente acquisite…e potenzialmente impattanti sul vincolo fiduciario». Immediatamente dopo la sospensione gli aveva unilateralmente disattivato l’indirizzo email aziendale e, senza autorizzazione, aveva inserito nella sua casella di posta elettronica un messaggio automatico («sono momentaneamente indisponibile e sarete contattati il prima possibile»).
Solo a seguito della sospensione e della disattivazione dell’account di posta, la società aveva instaurato un procedimento disciplinare nei confronti del manager, al quale era stato contestato di aver posto in essere condotte volte a «denigrare i ruoli di governance aziendale e quindi preordinate a perseguire finalità non coincidenti con quelle della società e ciò a prescindere dalla circostanza che le medesime siano state divulgate o meno» e di aver taciuto al Cda pregressi rapporti con consulenti esterni, essendosi fatto da questi «inviare un documento già ricevuto sottoscritto a dicembre chiedendo vi venisse apposta la data di gennaio 2022». Il procedimento si era poi concluso con un licenziamento per giusta causa.

La decisione del giudice
Il giudice, nell’accogliere il ricorso del dirigente ha affermato che i “controlli difensivi” (quelli, cioè, posti in essere dal datore di lavoro al fine di tutelare beni estranei al rapporto di lavoro o a evitare comportamenti illeciti) sono tuttora ammessi anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici a condizione che sussista un «fondato sospetto» circa la commissione di un illecito da parte del dipendente e sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente (ex post) rispetto all’insorgere del sospetto. Alla luce di ciò, da un lato il datore di lavoro non è abilitato a eseguire tali controlli in funzione esplorativa e, dall’altro, «sono utilizzabili solo le notizie successive al legittimo controllo».
Nel caso specifico il giudice ha dichiarato «inutilizzabili ai fini disciplinari» gli elementi posti alla base del licenziamento sia in quanto, trattandosi di «fatti precedenti alla segnalazione e ai conseguenti accertamenti», sono stati raccolti in violazione dei sopra citati principi di legittimità, sia perchè le informazioni sono state «ottenute per effetto di un illecito accesso alla corrispondenza» del dirigente, «eseguito senza autorizzazione» e in contrasto con la normativa europea e italiana sulla privacy.
Il licenziamento - ancor prima che ritorsivo per altre ragioni indicate nella sentenza - è stato dichiarato nullo per motivo illecito (articolo 1345 del Codice civile). Il giudice ha, pertanto, condannato la società a reintegrare il dirigente disponendo altresì la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica.

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